Novacco
Un dosso triangolare poco rilevato posto alla confluenza dell’Àussa con la Gorizzizza dovette ospitare un castelliere di pianura, con difese, forse parziali, formate da argini di terra e palizzate lignee come altri siti della fascia delle risorgive. Vi furono rinvenuti in superficie, a più riprese, materiali di varie epoche (litica, ceramica, bronzi, piccoli lingotti e residui di fusione, ossa e corna lavorate, resti di pasto). L’abitato, da annoverarsi tra quelli definiti “di lunga durata”, fu certamente sede di impianti artigianali che producevano manufatti di bronzo, corno e osso. Due lunghe trincee condotte dall’Università di Udine nel giugno 2004 in una zona centrale del dosso hanno avuto soprattutto lo scopo di verificare la consistenza dei resti archeologici. Nella Trincea 1 a partire da nord sono state individuate una fossa allungata e parte di un fossatello, forse una canaletta per il drenaggio delle acque, contenente frammentini ceramici databili tra IX e VIII secolo a.C. A sud si trovano resti pluristratificati, quali piani di calpestio, buche e fosse di fondazione di muri con pali inseriti, pertinenti ad unità abitative che ebbero diverse fasi di uso. La ceramica rinvenuta consente di datarli al VI secolo a.C. Queste strutture intaccano un livello più antico coperto di limi argillosi: si tratta di un acciottolato pluriciclico con ossa e frammenti ceramici di IX-VIII sec. a.C., probabile sistemazione esterna di una unità abitativa, con buche per pali e paletti di diverse misure. Ad una fase recente di essa è attribuibile un serie di fossette contigue contenenti una considerevole quantità di semi carbonizzati, usate dunque come depositi di derrate. Più a sud, nel resto della trincea, vi erano altre fosse e buche di palo, tra cui due pozzetti-silos che dopo la fase d’uso furono riempiti con frammenti di vasi (VI secolo a.C.), ciottoli e sedimenti ricchi di semi carbonizzati. Alcune buche all’esterno di uno di essi segnalano probabilmente i paletti posti a sostegno della copertura. Nella Trincea 2 un modesto sondaggio in profondità ha consentito di raccogliere i dati sulla sequenza naturale. Verso ovest, al di sotto dell’arativo, sono state inoltre individuate tre fosse: l’unica indagata è un pozzetto per derrate di 40 cm di diametro con pareti verticali e fondo piano, il cui livello di disattivazione è costituito da sedimento, ciottoli, frammenti di ceramica di VI sec. a.C. e macine “a sella”. Lo scavo ha accertato la notevole consistenza dei depositi archeologici. I resti individuati si riferiscono a due grandi fasi di frequentazione, corrispondente ai secoli IX-VIII e VI a.C.: in entrambe vi furono diversi rifacimenti e riusi. Gli espedienti adottati per lo scolo delle acque e alcune tecniche costruttive, sono tra i lineamenti strutturali più interessanti, che fanno di questo sito uno dei più promettenti della protostoria regionale. I materiali emersi dai sondaggi preliminari e quelli recuperati nelle ricognizioni di superficie permettono di attribuire le fasi di più intensa frequentazione del sito ad un periodo compreso tra XIII e IV secolo a.C.; non mancano peraltro tracce più antiche (forse dell’età del rame) e più recenti (di epoca La Tène e anche di età romana). La toponomastica conferma l’alta antichità del luogo: Gorizzizza è un termine di origine slava, qui al diminutivo, usato per indicare alture artificiali e che l’idronimo Àussa è sicuramente prelatino. Il centro protostorico di Novacco, ubicato all’estremità orientale dell’importante arteria di traffico che correva lungo la linea delle risorgive, ebbe un’indubbia funzione strategica: le ragioni della sua lunga frequentazione vanno ricercate nell’attività produttiva e nel ruolo di mediazione nello scambio di merci tra l’Italia e l’Europa orientale e centrale.